Dopo l’arrivo del governo tecnico di Mario Monti, gli scandali del finanziamento pubblico dei partiti, e il successo del Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo, l’entrata in scena di Matteo Renzi ha dato un’ulteriore scossa alla politica italiana. Sempre di più c’è l’impressione che l’ideologia stia scomparendo:
Siamo tutti antifascisti! Riflessioni sulla fine della politica
Museo Diffuso della Resistenza di Torino: a rischio le attività per il 2012
ll Museo Diffuso della Resistenza, della Deportazione, della Guerra, dei Diritti e della Libertà di Torino è una realtà museale assolutamente unica in Italia. La mostra permanente ripercorre infatti la storia d’Italia dagli ultimi anni della dittatura fascista fino al referendum e alla promulgazione della carta costituzionale, coniugando in maniera originale ed efficace la dimensione “documentaria” a quella “emotiva” e usando sapientemente strumenti multimediali e interattivi.
C’è manuale e manuale: se i libri di storia non hanno fatto ancora i conti con i mass media
Il manuale di storia è uno degli strumenti principali dell’attività didattica per l’insegnamento della storia. Sulla scrittura, la costruzione e l’efficacia del testo di divulgazione storica per le scuole secondarie si è concentrato l’ottimo lavoro di analisi cominciato nel 2006 di nove storici che operano all’interno degli Istituti Storici della Resistenza e dell’Età Contemporanea della Regione Emilia Romagna. Il risultato di questa ricerca è ora pubblicato nel libro “C’è manuale e manuale. Analisi dei libri di storia per la scuola secondaria” (Sette Città 2010).
La prima ottima mossa di questo gruppo di lavoro è smontare il mito del feticcio manualistico, probabilmente retaggio di una visione ottocentesca di intendere la scrittura e il lavoro storico (su questo è illuminante la storia della storiografia moderna tracciata da Giancarlo Angelozzi in “Introduzione allo studio della storia moderna” di Paolo Prodi). Il manuale di storia oggi è uno strumento, seppure importante, di una didattica divenuta ormai complessa e che deve utilizzare necessariamente fonti, strumenti e materiali diversi dalla scrittura e dal documento scritto e che necessitano di quelle che gli autori chiamano pratiche laboratoriali.
L’analisi, come viene spiegata nell’ottima e rigorosa sezione dedicata all’esplicitazione della griglia d’analisi e delle metodologie impiegate, si articola in tre parti: dati identificativi, struttura del manuale e analisi del testo quantitativa e qualitativa. L’ultimo punto si articola a sua volta in due punti: qualità della scrittura e della documentazione e griglia d’analisi per le tematiche sensibili. Le tematiche sensibili riguardano il passato recente, spesso al centro di contese politiche e storiografiche. Si tratta della Resistenza, della Shoah e delle leggi razziali italiane, delle foibe e del terrorismo.
Il quadro che ne esce è secondo gli storici di sufficiente correttezza e approfondimento storiografico rispetto ai venti manuali storici analizzati, con in particolare una carenza strutturale sulla quale mi soffermo: l’uso delle immagini.
L’immagine, nelle analisi effettuate, risulta avere nei manuali un scopo meramente esornativo e di abbellimento del testo. La squalifica della dimensione e dell’importanza dell’immagine come fonte e documento (e non semplice abbellimento del testo) è dimostrata dalle didascalie approssimative, errate o mancanti.
Questo tipo di uso dell’immagine nel testo è retaggio dell’erroneo ‘paradigma mimetico’ dell’immagine fotografica, televisiva e cinematografica. Secondo questo paradigma l’immagine rappresenta la realtà senza mediazioni e senza la necessità di processi interpretativi e cognitivi sull’oggetto, e dunque non richiede, come il documento scritto del passato, una educazione alla lettura e alla interpretazione. Parlo in particolare dell’immagine fotografica, televisiva e cinematografica perché su questa, più che su altre, l’assunto “immagine=realtà” è così persuasivo da risultare di difficile superamento.
Se consideriamo che la storia del XX secolo è in formato massmediatico, allora la carenza non può che essere grave. A giovani studenti e studentesse devono essere forniti gli strumenti per leggere e interpretare le immagini e per sviluppare uno spirito critico verso l’immagine fotografica, televisiva e cinematografica.
In altri termini gli studenti devono imparare a interpretare e studiare una foto di Bresson o di Leibovitz, le foto della guerra in Vietnam, un film di Spielberg, una trasmissione televisiva o i reportage di guerra quanto di saper leggere e interpretare i documenti scritti.
Questo servirà loro non solo per imparare meglio la storia del XX secolo, ma anche per utilizzare il mezzo televisivo e la Rete (in vista anche di una ‘educazione a internet’) avendo degli strumenti per interpretare, filtrare e anche discernere le informazioni attendibili dalle ricostruzioni aberranti e con un’adeguata consapevolezza critica di come viene costruita un’immagine, di come circola e di come costruisce la stessa realtà sociale e il suo stesso spettatore.
C’è manuale e manuale
Analisi dei libri di storia per la scuola secondaria
a cura di Lidia Gualtiero, Gian Luigi Melandri, Francesco Monducci
Maria Paola Morando, Davide Pizzotti, Giulia Ricci, Marinella Sarti,
Cinzia Venturoli, Paola Zagatti
Sette Città, Viterbo
p. 130
Il ricordo dopo l’oblio: la memoria di Sant’Anna di Stazzema

Il ricordo dopo l’oblio
Donzelli editore 2010
pagg. X-184
Revisionismo e storia d’Italia: l’oblio sui crimini dell’Italia coloniale
Mi concentro in particolare su un periodo da sempre misconosciuto nei libri di storia: la vicenda coloniale italiana. L’opera di rimozione riguarda trecentomila etiopici uccisi durante la guerra coloniale e i campi di concentramento italiani in Etiopia e Libia (dove il 7 ottobre si festeggia il giorno della vendetta contro gli italiani), vero e proprio laboratorio della Soluzione Finale nazista. Né la retorica degli “italiani brava gente” né l’opera revisionista di alcuni storici, bastano a spiegare da soli casi di oblio o di forte distorsione di fatti e responsabilità.
Con l’istituzione nel 1952 del Comitato per la documentazione dell’opera dell’Italia in Africa – composta soprattutto da ex governatori e amministratori delle colonie sotto il regime fascista – e la pubblicazione con il fregio della Repubblica italiana dell’opera in cinquanta volumi Italia in Africa, si effettuò una vera e propria operazione di revisionismo di stato cancellando o distorcendo gravemente la storia dei crimini commessi dall’Italia nella sua corsa per un “posto al sole”.
Sulla storia del colonialismo italiano si concentra nel suo saggio Nicola Labanca. Mario Isnenghi analizza il revisionismo sul periodo risorgimentale, mentre Nicola Tranfaglia, Giorgio Rochat e Mimmo Franzinelli si soffermano sui revisionismi che interessano il periodo fascista. Lucia Ceci approfondisce la storia del rapporto Italia-Vaticano, mentre Enzo Collotti analizza le tesi negazioniste sulla Shoah.
Una lettura che in questo periodo, e con l’avvicinarsi dei 150 dell’Unità d’Italia, ci pare di stringente attualità.
La storia negata. Il revisionismo e il suo uso politico